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Mantova (in latino Mantua probabile latinizzazione dell'originale toponimo etrusco, mantenuto anche in mantovano e in numerose lingue straniere) è un Comune di 48.103 abitanti, capoluogo della omonima provincia.
La definizione più calzante fatta a riguardo di questa città è quella di un inglese contemporaneo, Aldous Huxley (1894-1963), narratore e saggista. L'ha chiamata la città più romantica del mondo. Ad affascinare Huxley sono stati principalmente i monumenti, i canneti lungo il Mincio, i fiori di loto, la nebbia, la surreale patina del tempo che avvolge ogni strada e piazza, la storia, la semplicità dei suoi cittadini. In questa chiave Mantova è stata cantata anche dal più discusso dei poeti francesi, Charles Baudelaire, il quale vi scoprì un mondo addormentato in una calda luce.
Colpiti dal suo languore decadente furono poi anche Charles Dickens - che cantò gli irreali laghi di canne e di giunchi) - e Giovanni Comisso (per il quale forte è la suggestione dei tozzi salici spogli biancheggianti tra la palude e il cielo).
Mantova nel suo tessuto urbano ha incantato scrittori e poeti di ogni tempo e luogo.
Per restare soltanto ai più recenti: Michele Saponaro, che vi ha colto un senso religioso sospeso tra i solchi e il cielo; Alfredo Panzini che la trovò piena di un'apparente provinciale lietezza; il poeta Guido Piovene - ammirato dalla sua bellezza orchestrata nel sogno; per Corrado Alvaro questa città è un paradiso di malinconia; mentre Orio Vergani la vide «fasciata da una solitudine come destin».
Evoluzione geografica.
Nel XII secolo l'architetto ed ingegnere idraulico Alberto Pitentino, su incarico del Comune di Mantova, organizzò un sistema di difesa della città curando la sistemazione del fiume Mincio in modo da circondare completamente il centro abitato con quattro specchi d'acqua, così da formare quattro laghi: Superiore, di Mezzo, Inferiore e Paiolo; vista in lontananza, Mantova sembrava un'isola. Alla campagna si accedeva attraverso ponti, due dei quali - il Ponte dei Molini e il Ponte di S. Giorgio - al giorno d'oggi sono ancora esistenti. In età comunale venne tracciato il Rio, un canale che taglia in due la città, collegando il lago Inferiore a quello Superiore. Altre dighe e chiuse consentirono una adeguata difesa dalle acque.
Nel XVII secolo una forte inondazione diede inizio ad una rapida decadenza: il Mincio, trasportando i materiali solidi, trasformò i laghi in paludi malsane che condizionarono ogni ulteriore sviluppo; fu prosciugato, allora, il lago Paiolo a sud, in modo che la città restò bagnata dall'acqua solo su tre lati - come una penisola - ed oggi ancora si presenta così.
Sono, quindi, tre gli specchi d'acqua, non d'origine naturale, ricavati nell'ansa del fiume Mincio cha danno a Mantova una caratteristica del tutto particolare, che ad alcuni sembra quasi magica in quanto compare come una città nata dall'acqua. Nel 1984 è stato istituito il Parco del Mincio di cui il territorio del Comune di Mantova fa parte. Sorprendentemente nei laghi mantovani sono presenti i fiori di loto, originari del Sud Est asiatico. Dalle sponde del parco pubblico di Belfiore, sul lago Superiore, è ben visibile l'isola galleggiante dei fiori di loto con la spettacolare fioritura dei mesi estivi. La loro introduzione è opera di una giovane laureata in Scienze Naturali di Parma, Anna Maria Pellegreffi, che nel 1921 volle tentare l'esperimento di ricavare dal rizoma la farina di loto per la panificazione. La farina non ebbe successo nella gastronomia, mantovana mentre il fiore colonizzò gran parte dei laghi mantovani. Autoctona invece la castagna d'acqua, detta anche Trigol, particolarmente sviluppata sul lago di Mezzo. Entrambe le piante citate, dato il loro grande sviluppo, sono oggetto di massicci interventi periodici di sfalcio per preservare l'integrità degli stessi laghi.
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